La scorsa estate quattro lavoratrici di nazionalità romena avevano
trovato il coraggio di firmare una richiesta ispettiva alla Direzione
Territoriale del Lavoro di Forlì, in seguito alla quale tre di loro
erano finite al Pronto Soccorso dopo che l’albergatore – venuto a
conoscenza del fatto - aveva reagito aggredendole verbalmente.
Buttate fuori dall’albergo, quando ancora all’appello mancavano rispettivamente sei mensilità, due di loro furono costrette a chiedere un prestito ai loro connazionali per potersi pagare il viaggio del ritorno in patria e a pernottare in alloggi di fortuna.
Nel verbale inviato all’Ispettorato del lavoro si faceva riferimento a condizioni di messa in deroga del contratto, a ritmi di lavoro insostenibili accompagnati - peraltro - da continue minacce e ricatti da parte dell’albergatore.
Minacce e ricatti attraverso i quali l'albergatore ricordava alle lavoratrici che lui poteva disporre delle loro vite a suo piacimento e discrezione, tanto da poter interrompere in qualsiasi momento il rapporto di lavoro lasciando le lavoratrici in assenza di retribuzione e alloggio.
Le stesse cittadine Romene, rappresentate con procura speciale dall’avvocato Raffaele Pacifico di Cesena mediante rilascio di specifiche procure notarili, hanno conferito e delegato l’espresso mandato di rappresentanza nel giudizio penale e civile. In particolare è stata disposta da parte delle lavoratrici un atto di denuncia depositato presso le Sezioni di P.G. competenti, volte ad accertare eventuali responsabilità per ipotesi di reato procedibili d’ufficio aventi caratteri “medioevali” ma ancora previste dal codice penale vigente (anche se riviste nella forma).
Questa denuncia rappresenta un passaggio importante ed ulteriore rispetto all’intervento e al lavoro di emersione sul fenomeno del lavoro gravemente sfruttato nel settore turistico/stagionale promosso dall’Associazione Rumori Sinistri. Attività, non a caso, partita quattro anni fa dall’inchiesta sulla tratta dall'Est Europa finalizzata allo sfruttamento lavorativo nel settore turistico alberghiero, fino ad approdare all’attività dello Sportello Informativo rivolto ai lavoratori/lavoratrici stagionali.
Sono proprio i dispositivi quali l'estorsione, il ricatto, la minaccia e la violenza quelli che vengono esercitati su quella fascia di lavoratori e lavoratrici provenienti dall’Est europeo al fine di ottenere maggior profitto a costo zero. Tutto questo avviene in un contesto dove il lavoro nero come fenomeno strutturale facilita e agevola il grave sfruttamento lavorativo, la riduzione in schiavitù e l’intermediazione illecita poiché essi convivono in un rapporto di interdipendenza dal momento che per agire uno si serve continuamente dell’altro. E questi processi in atto da anni si stanno implementando anche ai danni dei lavoratori e delle lavoratrici stagionali autoctoni, perché sono i datori di lavoro e le associazioni di categoria ad imporre e ad abbassare il costo del lavoro pur di mantenere competitivo un turismo di massa come quello romagnolo. E in una fase di crisi come questa, si ripropone un tema caldo, quello del lavoro e del rispetto dei contratti collettivi nazionali, e quello della ridistribuzione della ricchezza in termini di reddito per i lavoratori e le lavoratrici e di servizi per la cittadinanza.
Quando gli schiavi e le schiave decidono di rompere (le catene) e il silenzio omertoso che le li/le circonda attraverso l’invio di una richiesta ispettiva agli organi preposti o la semplice rivendicazione del rispetto del contratto di lavoro, è proprio in quel attimo, cioè quando si registra un salto di qualità nella denuncia/emersione dello sfruttamento, che la violenza viene agita da parte del datore di lavoro come forma di punizione esemplare.
La storia di queste quattro lavoratrici è la storia di tante altre, vale a dire la ripetizione di un copione che ogni estate fa da sfondo alla stagione turistica.
Tuttavia non possiamo pensare che il problema dello sfruttamento lavorativo legato alla intermediazione illecita si possa risolvere nelle aule dei tribunali. E’ compito di tutte le Istituzioni (locali, regionali e nazionali) ridisegnare un nuovo modello economico e sociale del settore turistico che sia in grado di interiorizzare regole – peraltro - già esistenti al fine di combattere l’evasione fiscale, l’evasione contributiva e garantire il rispetto e l’applicazione di quel contratto collettivo nazionale del lavoro che rende tutti i lavoratori uguali nell’esercizio del diritto. E' compito invece di tutti e tutte non lasciare sole queste lavoratrici e promuovere una nuova cultura del lavoro, che parli di ridistribuzione della ricchezza, di rispetto della legalità ovvero del contratto, perché si possa “Lavorare meno e Lavorare tutti!”.
Buttate fuori dall’albergo, quando ancora all’appello mancavano rispettivamente sei mensilità, due di loro furono costrette a chiedere un prestito ai loro connazionali per potersi pagare il viaggio del ritorno in patria e a pernottare in alloggi di fortuna.
Nel verbale inviato all’Ispettorato del lavoro si faceva riferimento a condizioni di messa in deroga del contratto, a ritmi di lavoro insostenibili accompagnati - peraltro - da continue minacce e ricatti da parte dell’albergatore.
Minacce e ricatti attraverso i quali l'albergatore ricordava alle lavoratrici che lui poteva disporre delle loro vite a suo piacimento e discrezione, tanto da poter interrompere in qualsiasi momento il rapporto di lavoro lasciando le lavoratrici in assenza di retribuzione e alloggio.
Le stesse cittadine Romene, rappresentate con procura speciale dall’avvocato Raffaele Pacifico di Cesena mediante rilascio di specifiche procure notarili, hanno conferito e delegato l’espresso mandato di rappresentanza nel giudizio penale e civile. In particolare è stata disposta da parte delle lavoratrici un atto di denuncia depositato presso le Sezioni di P.G. competenti, volte ad accertare eventuali responsabilità per ipotesi di reato procedibili d’ufficio aventi caratteri “medioevali” ma ancora previste dal codice penale vigente (anche se riviste nella forma).
Questa denuncia rappresenta un passaggio importante ed ulteriore rispetto all’intervento e al lavoro di emersione sul fenomeno del lavoro gravemente sfruttato nel settore turistico/stagionale promosso dall’Associazione Rumori Sinistri. Attività, non a caso, partita quattro anni fa dall’inchiesta sulla tratta dall'Est Europa finalizzata allo sfruttamento lavorativo nel settore turistico alberghiero, fino ad approdare all’attività dello Sportello Informativo rivolto ai lavoratori/lavoratrici stagionali.
Sono proprio i dispositivi quali l'estorsione, il ricatto, la minaccia e la violenza quelli che vengono esercitati su quella fascia di lavoratori e lavoratrici provenienti dall’Est europeo al fine di ottenere maggior profitto a costo zero. Tutto questo avviene in un contesto dove il lavoro nero come fenomeno strutturale facilita e agevola il grave sfruttamento lavorativo, la riduzione in schiavitù e l’intermediazione illecita poiché essi convivono in un rapporto di interdipendenza dal momento che per agire uno si serve continuamente dell’altro. E questi processi in atto da anni si stanno implementando anche ai danni dei lavoratori e delle lavoratrici stagionali autoctoni, perché sono i datori di lavoro e le associazioni di categoria ad imporre e ad abbassare il costo del lavoro pur di mantenere competitivo un turismo di massa come quello romagnolo. E in una fase di crisi come questa, si ripropone un tema caldo, quello del lavoro e del rispetto dei contratti collettivi nazionali, e quello della ridistribuzione della ricchezza in termini di reddito per i lavoratori e le lavoratrici e di servizi per la cittadinanza.
Quando gli schiavi e le schiave decidono di rompere (le catene) e il silenzio omertoso che le li/le circonda attraverso l’invio di una richiesta ispettiva agli organi preposti o la semplice rivendicazione del rispetto del contratto di lavoro, è proprio in quel attimo, cioè quando si registra un salto di qualità nella denuncia/emersione dello sfruttamento, che la violenza viene agita da parte del datore di lavoro come forma di punizione esemplare.
La storia di queste quattro lavoratrici è la storia di tante altre, vale a dire la ripetizione di un copione che ogni estate fa da sfondo alla stagione turistica.
Tuttavia non possiamo pensare che il problema dello sfruttamento lavorativo legato alla intermediazione illecita si possa risolvere nelle aule dei tribunali. E’ compito di tutte le Istituzioni (locali, regionali e nazionali) ridisegnare un nuovo modello economico e sociale del settore turistico che sia in grado di interiorizzare regole – peraltro - già esistenti al fine di combattere l’evasione fiscale, l’evasione contributiva e garantire il rispetto e l’applicazione di quel contratto collettivo nazionale del lavoro che rende tutti i lavoratori uguali nell’esercizio del diritto. E' compito invece di tutti e tutte non lasciare sole queste lavoratrici e promuovere una nuova cultura del lavoro, che parli di ridistribuzione della ricchezza, di rispetto della legalità ovvero del contratto, perché si possa “Lavorare meno e Lavorare tutti!”.
Associazione Rumori Sinistri
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